Nel periodo ottobre 2015-febbraio 2016 abbiamo svolto una survey che ha coinvolto direttamente un centinaio circa di imprese familiari per conoscere dalla loro viva voce come si prospetta il loro ambiente competitivo. L’indagine è stata estremamente interessante per i seguenti motivi.
Le criticità emerse riguardano innanzitutto il “modo di fare impresa” (quello che CERIF chiama il Business Model dell’impresa familiare) e in particolare: la difficoltà di attrarre persone chiave, l’accesso ai mercati esteri e la riduzione nel tempo della redditività aziendale. Quali sono le cause che gli intervistati hanno individuato essere alla base di queste problematiche?
La causa scatenante la prima criticità è da attribuire alle specificità del ruolo (in prevalenza operativo) che l’imprenditore richiede in termini di competenze, attitudini, personalità e capacità che sono difficili da trovare. La seconda criticità, l’accesso ai mercati esteri, rileva che la causa originaria del problema è da imputare al fatto che, come dicono gli intervistati, “… siamo molto forti come conoscenze ed esperienze locali, ma la famiglia manca di esperienze estere dirette…”. Infine il fatto di guadagnare meno rispetto al passato lo attribuiscono ad un futuro incerto che potrebbe far sorgere il “ … dilemma di vendere l’azienda di famiglia, mortificando chi ha forti aspettative e chi ha mostrato adeguate capacità.”
Il secondo gruppo di criticità emerse sono da attribuire ai rapporti Impresa-Famiglia, dove nello specifico la gestione della successione e l’insoddisfacente assetto organizzativo aziendale sono in pole position! La prima osservazione cosa comporta a detta di questi imprenditori? Che la successione “ha generato o potrà generare un aumento della complessità relativa alla ripartizione dei diritti di proprietà e delle responsabilità in quanto implica un ampliamento dei livelli di parentela coinvolti nel lavoro in azienda.” La loro impressione è, dunque, la seguente: la gestione della successione e della continuazione “è un processo destabilizzante in quanto non viene considerato in anticipo, non viene minimamente pianificato, quindi quando si verifica è affrontato senza un’efficace programmazione e pianificazione.”
Con riguardo agli assetti organizzativi, la loro diagnosi appare lucida e ben determinata. Può essere così riassunta e rappresentata: da un lato non abbiamo alcun assetto organizzativo formale data la semplicità della nostra azienda familiare, ma ci stiamo accorgendo che se tutti fanno tutto c’è confusione e una qualche soluzione va al più presto trovata. Dall’altro lato “il nostro è un assetto (un organigramma) assai confuso nella definizione delle mansioni, nella ripartizione delle responsabilità e nella demarcazione delle linee gerarchiche di potere decisionale.”
Infine il terzo e ultimo gruppo di criticità segnalateci fa riferimento all’assetto economico-patrimoniale dell’impresa di famiglia. Qui troviamo i seguenti tre punti critici più sentiti e sottolineati dagli intervistati: una pressione fiscale pesante che combinata con una modesta marginalità del guadagno realizzato (modestissimo utile) non consente un sufficiente autofinanziamento per lo sviluppo aziendale; una chiusura all’ingresso di capitali esteri e una assai modesta conoscenza del valore economico delle quote sociali. Vediamo brevemente questi ultimi due rilevanti aspetti. Sulla preclusione ad aprire il capitale sociale a soci terzi non familiari pesa il sasso/macinio di una “mentalità non ancora idonea per coinvolgere soci terzi investitori nello sviluppo della nostra impresa familiare” e quindi la conseguenza è che “cresciamo ma limitatamente alle risorse finanziarie generate come autofinanziamento o prese come prestito bancario.” Sulla difficoltà di avere le idee chiare riguardo alla valutazione delle quote sociali, i diretti interessati così rispondono: “non è stato mai valutato il capitale economico dell’azienda familiare, pertanto ogni componente della famiglia ha in mente un valore spesso diverso, che è il risultato di approcci metodologici molto differenti.”
Conclusione; ci sono numerosi elementi su cui la famiglia, l’imprenditore, i parenti tutti debbono meditare magari incontrandosi (con degli esperti) e ragionare serenamente e concretamente su come procedere. Infatti queste novità sono come le briciole di pane cadute dalla tovaglia: non scompaiono se messe sotto al tappeto pensando di aver fatto pulizia…..
Prof. Claudio Devecchi
Professore Ordinario di Strategia e Politica Aziendale
Amministratore CERIF – Centro di Ricerca sulle Imprese di Famiglia
Presidente e Direttore Scientifico ASAM
Associazione per gli Studi Aziendali e Manageriali
Università Cattolica del Sacro Cuore